Vaso gelato – numero 1

Ascolto  Mariners apartment complex di Lana Del Rey. Per la prima volta. Mi chiedo, perché l’ho ignorata per così tanto tempo?

Mentre piangi qui davanti a me
Sei bella come un vaso gelato
Ieri ho visto una pianta in un vaso gelato
Una pianta gelata, in un vaso gelato
È stata la cosa più bella che ho visto ieri
Adesso, che piangi qui davanti a me
Sei bella come quel vaso

Così ha detto. O così me lo ricordo io. Cercava di spiegarmi il suo punto di vista. C’era del bene in quelle parole, c’era come sempre il suo mostrarsi, spogliarsi davanti a me. Mentre io mi copro e metto strati su strati di ogni materiale che trovo.  Sentivo le lacrime che scivolavano sulle guance. Le lacrime hanno sempre un grande potere consolatorio per me. Mentre scendono mi sento al sicuro. So che ci sarà un momento in cui smetteranno di piovere sulla mia giacca, ma mentre lo fanno mi sento nel giusto.

Di quella conversazione, il giorno dopo e quello dopo ancora, mi è rimasta in mente soprattutto l’immagine di un vaso gelato.

Pulito il campo da lui e dai suoi pensieri, come sempre accade, scomparsa una persona dalla scena momentanea e contestuale dei momenti della mia vita, sono i miei, di pensieri, a riempire lo spazio fino a non lasciare neanche un centimetro di pavimento libero. Cotone ovunque, quasi a soffocarmi.

Il vaso gelato. Sono un vaso gelato? Mi sento un vaso gelato? Sì. La rabbia che mi ha scatenato quella immagine, sono bella come un vaso gelato. Una cosa inanimata, senza cuore, senza respiro, senza sistema nervoso. La rabbia che ho sentito il giorno dopo e che mi ha fatto serrare le mascelle.

Quella rabbia è lì perché io mi sento un vaso gelato.